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Il testo del giorno

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13 Anni 7 Mesi fa #210226 da Cheirurgo
Risposta da Cheirurgo al topic Re:Il testo del giorno

Dal Simposio di Platone, sulla "supremazia" dei medici :):

"Erissimaco - gli fa Alcibiade -, grande figlio di un padre grande e saggio, io ti saluto."

"Ti saluto anch'io - dice Erissimaco -. E adesso cosa dobbiamo fare?"

"Siamo tutti ai tuoi ordini perché un medico, da solo, vale molti uomini. Obbediremo dunque ai tuoi desideri."


Wow bellissima  :D :D :D :D :D :D un po' arrogante ma bella

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13 Anni 7 Mesi fa #210452 da ARAGORN KING OF GONDOR
LOVE STORY - NOVEMBRE:


Steal a diamond and pierce my heart with its point
And take three silver drops of blood
to sow your dried flesh
Use the harvest you get to appease the hunger of your crowd,
which drains you day by day,
draining you away

You wanna eat my pearly eyes
to fill the void you've got
Inside, sweet child of mine , you've got inside

The pearly gates you dream of, are made of
mortal hopes you stole away

The pearly gates you long for are made of Innocent night beings,
heavenly unpure
and yet so pure

I feel ashamed for your soul
This war seems to reach a crying end
But why your very tears they never fall?
your very mask it never fades away?
your very face ain't going to be shown?

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13 Anni 6 Mesi fa #212284 da Dr.Cox91
Risposta da Dr.Cox91 al topic Re:Il testo del giorno
Out the door
Just in time
Head down the 405
Gotta meet the new boss by 8 am

The phone rings in the car
The wife is workin hard
She runnin late tonight again

Well I know what I�ve been told
U gotta work to feed the soul
But I can�t do this all on my own
No I know
I�m no superman
I�m no superman

And you've got your love online
U think you're doin fine
But you�re just plugged into the wall

And that deck of tarot cards
Won�t get u very far
There ain't no hand to break your fall

Well I know what I've been told
U gotta know just when to fold,
But I can�t do this all on my own
No I know
I�m no superman
I�m no superman

You�ve crossed the finish line
Won the race but lost your mind
Was it worth it after all?

I need u here with me
Cause love is all we need,
Just take a hold of the hand that breaks the fall

Well I know what I�ve been told
Gotta break free to break the mold
But I can�t do this all on my own

No I can�t do this all on my own
No I know
That I'm no
Superman
I�m no superman
I�m no superman

(Some day well be together)
I�m no superman
(Some day)
(Someday well be together)
(Someday)
I�m no superman

Indovinate il titolo  :drinks:

Credo che mettere a segno qualche vittoria sia l'unica cosa che ci dà la forza di continuare a giocare le altre partite, quelle che sappiamo di non poter vincere

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11 Anni 10 Mesi fa #249569 da lucadoc
Risposta da lucadoc al topic Re:Il testo del giorno
prendetevi 5 minuti per leggere queste righe perché ne vale la pena:

AI MEDICI CONDOTTI-FRAMMENTI DAL DISCORSO DI GIOVANNI PASCOLI

"Ecco quello che ho a dirvi; a dirvi, non in mio nome soltanto, ma per tutti quelli che voi aveste compagni nell'Università, per quelli che studiavano e lettere e leggi e scienze. Noi vedevamo voi, dopo appena alcuni mesi di allegra spensieratezza, divenir gravi, severi, meditabondi. Da un momento all'altro sembrava che la cara giovinezza si fosse involata dai vostri occhi ventenni. Era che codesti occhi avevano letto la prima pagina del libro. La prima pagina del vostro libro tiene impressa la morte. La serietà suprema del vostro còmpito nella vita vi appariva d'un tratto col suo carattere sacro. Vi si dava a leggere il cadavere nudo dell'uomo, perché vi studiaste il segreto della vita. Non a pascere, ad abbellire ad arricchire la vita vostra, sentivate che gli studi intrapresi dovevano principalmente giovare; ma a custodire, difendere, rivocare la vita degli altri. Vi accorgevate che a voi si chiedeva ben più di quel che si prometteva. Sapevate che per agiatezza, onore e gloria che foste per raccogliere dall'arte futura, v'era in essa sempre spazio per il sacrificio. E così nei vostri giovanili aspetti si stendeva un'aria di ponderatezza, come un segno di assenso, ormai sereno, ma non dato senza lunga esitazione e lotta, a una voce che vi avesse proposto una grande dubbia ancipite prova; una milizia di più pericolo che guadagno, in cui fosse non facile la lode altrui e più difficile l'intimo appagamento suo. E noi si sciamava allegramente, volando qua e là per l'Italia a foraggiare per la nostra vita e a beccar fuscelli per il nido del nostro amore; e voi, vi lasciavamo vicini ai letti delle cliniche, più pensosi e severi di noi, ma non tuttavia dottori: tanto più gravi di noi, restavate ancor per due anni studenti. Ebbene, io che vi amava e ammirava e singoli e tutti insieme (c'è tra voi chi sa che io non m'infingo e non esagero), io dopo più di un quarto di secolo di esercizio e di studio, ho riveduto alcuni di quei molto da me amati ed ammirati. E con l'antico amore e con l'accresciuta ammirazione ho chiesto a loro di lor novelle, salutando la lor compagna, accarezzando i loro figlietti. E ho saputo che io e i miei compagni di lettere e di scienze - non parlo di altri - io - parliamo anzi soltanto di me - io, non tuttavia de' più fortunati, ricevevo come compenso del mio lavoro, grave quanto si voglia, ma che non è di vita e morte, come compenso del mio lavoro, che aveva pure tre mesi di rispitto e di riposo ogni anno, lavoro che mi lasciava libera gran parte del giorno e tutta la notte, tutta la dolce ambrosia notte, ricevevo, più di venticinque anni fa, tanto e anche più di ciò che dopo venticinque anni ha ora il compagno che studiò due anni di più, che ha dato e dà al suo lavoro il giorno e la notte, che non ha vacanze lunghe e fisse, che non è solo utile ma necessario, non legge solo libri ma brancica morti, non insegna latino e greco, ma guarisce, ma redime, ma salva. Oh! profondamente io riverii quelle donne non vestite di seta, e baciai con doloroso rispetto quei visetti non sempre rosei e paffuti, sebben figli di medici, e guardai con angoscia i capelli grigi come i miei, di quei miei vecchi compagni; e pensai con tutte le lagrime del mio cuore: «Io ero biondo, quando avevo lo stipendio di questo uomo tanto più degno di me! Biondo... e solo!». Questo sono venuto a dirvi, o compagni! o fratelli! A dirvi che mi vergogno, o nobili ministri della più nobile arte del mondo, d'aver cominciato dove molti di voi finiscono, a umiliarmi avanti a voi a nome dei vostri compagni delle altre facoltà, a portarvi, nel tempo stesso, la riprovazione solidale, che valga a purificarne, di questa ingiustissima tra le ingiustizie sociali, che ha per punto di partenza (non, s'intende, per causa) l'Università, sede del dritto, fonte della luce, strumento massimo dell'umana uguaglianza e concordia. L'Università, nostra alma comune madre, leva la sua augusta voce denunziando l'onta che ai suoi più operosi figli, a quelli da cui ella esige più lungo studio, più austera disciplina, più fermo animo, più sicure prove, a quelli dalla società si diano minori compensi, minori guarentigie, meno d'onore si faccia, meno di fiducia si accordi. E che importa, se di tutti i miei colleghi io sia il meno degno di far sentire la parola della madre alma? Io sono un testimone; e ai testimoni non si chiede altezza d'ingegno e abbondanza di dottrina: si chiede se ha veduto e sa. Ora io ho veduto, udito, toccato con mano; e so. Non ci può essere parola più alta di quella che esprime la verità.
[…]Donde venite o uomini? venite da un mondo ben reale, o compagni miei! Venite da tutte le miserie umane, che voi cercate di prevenire, di curare, di lenire almeno, tutte, negli altri, essendo destinati assai spesso a soffocare in voi la peggiore: l'umana ingratitudine. Mal retribuiti, assai spesso, mal conosciuti, sorvegliati, cinti di divieti, irretiti di sofismi, soffocati di diffidenze, da persone che interpretano come servizio di schiavi un'arte esercitata liberalmente a loro profitto, fischiati (s'è vista anche questa!), ingiuriati, persino espulsi, da gente che profittava delle nuove libertà contro i benefattori del presente e apostoli dell'avvenire, voi venite qui... A che fare? A rifornirvi di nuove armi per la vostra assidua battaglia contro il malore, a costo di darne e aguzzarne una contro voi in man di quelli che credono o mostrano di credere che un medico, da loro così ben pagato e trattato, deve saper tutto sin dal giorno della laurea. Oh! mala sorte della vostra battaglia, o medici, nella quale avete a fronte, oltre la macilenta coorte delle febbri, la dura ferrea prosperosa legione dell'ignoranza! […] Un vostro grande maestro osservava che nella medicina si ha a volta a volta troppa fede o troppo poca. La formula è forse questa: si crede, da molti o dai più, che la medicina tutto può, il medico nulla vuole. Dicono: «Al medico, con la laurea, fu consegnata la coppa della immortalità perché non ce l'accosta alle labbra?». Or voi l'avete serenamente sfidata questa mala voce; avete socraticamente detto a questi detrattori, che voglio credere ormai radi e poco ascoltati: «L'accusa d'ignorare è pure un riconoscimento di sapienza!». […] E rassegnati a passar ancora gli esami ogni giorno della tua vita, a esser giudicato, a esser classificato da tutti i buoni uomini della tua condotta, i quali sembrano credersi in diritto d'aspettarsi da te il miracolo e nel tempo stesso pensano e dicono d'essere in grado di far l'arte tua meglio di te. E rassegnati, tu che un giorno forse non avevi che amici sorridenti, a non vedere che cipigli di nemici, a sentirti di noia di peso di troppo, dove ti recasti avvolontato di bene, dove sognavi che ben ti volessero per il ben che facevi. E rassegnati a volerlo fare, il bene, senza poterlo fare; a vedere o sapere che manca l'acqua per lavarsi, e abbonda l'alcool per avvelenarsi, e che i bimbi poppano latte scarso o infetto, e che i fanciulli avvizziscono nelle scuole senza aria e senza luce. Rassegnati: che cosa puoi far tu, servo di tutti e d'ognuno, arbitro di nulla?"

Mortui Vivos Docent

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