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un racconto...

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16 Anni 10 Mesi fa #51670 da ania
un racconto... è stato creato da ania
LA CREDENZAIl sole era alto da un bel pezzo. Ci vollero molta pazienza e parecchie strattonate prima che riuscissi a svegliare quel pelandrone di Tonio. Lui, da sotto le coperte, con un occhio mi guard? con la sua solita aria stralunata, sembrava impossibile fosse mio fratello quell?essere l?. Quando si decise ad alzarsi, io avevo gi? preso contatto con la nostra guida che ci avrebbe portato a destinazione. Si un? a noi anche Filippo, si accod? alla spedizione in silenzio?.. sempre stato di poche parole. Durante il tragitto, mentre io ero avvolto nei miei pensieri, Tonio non fece altro che frignare per la fame e per il sonno, ?Perch? me lo sono portato dietro!? pensai. Quando arrivammo, nei nostri volti si dipinse lo sbalordimento, tranne in Tonio?..? dalla nascita che ha quel volto l?! Si ergeva alto e ripido su di noi, la luce del sole, potente ci rimbalzava sopra, non facendocene vedere la cima. Chiss? come era lass? il tempo? Iniziai subito a prepararmi per la scalata. In quel mentre arriv? anche Susanna. Mi salut? gelida. Come quel gelato al limone che stava mangiando. Era accompagnata da quella sua strana cugina che conoscemmo l?altra sera, Fausta credo si chiamasse. Era di un posto l? vicino. Era lei che nel suo incomprensibile dialetto, tir? fuori quella storia?.. quella assurda credenza che voleva la cima del luogo sede di tesori nascosti vegliati da mostri aberranti. Ma non mi interessavano i tesori, n? mi spaventavano ipotetici mostri montanari. Ci fosse stato il Diavolo in persona, io sarei salito lass?. Mi avvicinai e toccai la superficie: dura e incredibilmente liscia. Non mi aspettava certo una passeggiata! Sapevo bene i rischi che correvo. Non era la prima volta che arrampicavo, ma era la prima in cui affrontavo una scalata cos? lunga a mani nude e soprattutto senza nessuna protezione. Tutto a un tratto ebbi come un disagio?..No. Non era paura, piuttosto un presentimento. In pi?, in fondo, sentivo vociare. Che il tempo si stesse guastando? Forse era meglio muoversi. Mi tolsi il giubbotto, lo diedi a Tonio e iniziai?? Sulle prime, non arrivai nemmeno al primo appiglio. Ma ero solo nervoso. Mi capita sempre all?inizio, poi per?, l?esperienza che gridava dalle mie cicatrici, mi ricord? di come ci si arrampica: l?equilibrio prima di tutto e l?appoggio dei piedi, questi erano basilari. Utile poi, non allungarsi inutilmente per prendere un appiglio alto, meglio, molto meglio, salire anche di un solo centimetro. Abbassai lo sguardo, notai uno stretto, piccolo incavo nella parete? Li. Puntai il piede, mi issai in equilibrio e subito migliorai la situazione. Ora l?appiglio era agevole. Una volta agganciato con la mano destra, con l?altra libera tenevo lontano il corpo, in modo che, non mi sbilanciasse. Poi con l?altro piede trovai un appoggio lungo, abbastanza agevole ma stretto, troppo stretto, mi costrinse a mettere il piede lateralmente nella sua parte interna. Posizione scomoda, basta un niente e il piede scivola via con tutto quello cui ? attaccato. Per poter proseguire l?ascesa, ora la mano appoggiata doveva trovare un nuovo appiglio. Sollevai il capo lentamente e scrutai la parete?Eccolo, ve ne era uno proprio in mezzo, pareva luccicare nel sole. allungai la mano cercando di non far cadere il tronco contro la parete e non appena lo afferrai, piegai il braccio tirandomi su tutto il mio peso. Non era la manovra pi? economica. Sbaglia chi pensa di tirarsi su solo di braccia, ? una fatica immensa ed inutile. Nel frangente, per?, non vi erano alternative per i piedi e dovetti farlo. Da quel punto la parete si fece pi? semplice. Ci volle un po? di attenzione ma salii rapido e senza particolari problemi. Ero in alto, sentivo che lo ero non so di quanto ma ero in alto. Continuai la mia ascesa tra il sole che mi picchiava in testa e il sudore che gocciolava. Arrivai ad uno spiazzo non visibile dal basso, ne approfittai per riposarmi. Ero stanco, le gambe mi tremavano, scosse mi piegavano le ginocchia, le dita delle mani erano indolenzite. Sollevai lo sguardo, c?era ancora tanta strada da fare? Oppure ero quasi arrivato alla meta. Ancora il sole non mi permetteva di vederne la cima, e poi da quella posizione mi era impossibile. ?Forse da sotto mi possono aiutare? pensai. Mi affacciai nel dirupo, vidi i miei amici a testa alta. Susanna mi sembr? particolarmente preoccupata, pareva avesse gli occhi lucidi. Piangeva forse per me? Difficile stabilirlo da quell?altezza. Pi? difficile stabilire se piangesse per me o per il gelato che Tonio gli fregava, quell?ingordo! Fecero dei gesti strani da sotto che io interpretai come di proseguire tranquillo, cos? dopo un profondo respiro, ripresi. Nonostante la ?via? ti convogliasse dentro una comoda insenatura della parete, sapevo che era un vicolo cieco. Meglio, molto meglio sfruttare l?esterno della parete, ? pi? pericoloso? Certo! E ti viene anche pi? paura?. Certo! Ma non ti blocca. Ricordo sempre quella volta di quella strana piattaforma, ci rimasi ore senza riuscire ad andare avanti o indietro, finch? non arrivarono i soccorsi. Che Figura!! Non so quanto tempo fosse passato da quando iniziai la salita, ? un concetto che non ho quando arrampico, passa e basta. La concentrazione aumentava man mano che avanzavo. Non sentii pi? le voci dei miei amici, ormai loro erano lontani e non mi potevano pi? aiutare. Nessuno poteva farlo ormai, lass? senza nessuna protezione. Ero solo. Ogni volta che arrampicavo ero solo. E ogni volta che mi trovavo lontano dalla stabile terra, mi veniva da pensare perch? diavolo l?avessi fatto. Perch? rischiare tanto se dopo, altro non ottenevi se non un panorama diverso da quello di laggi?. Perch? non fare come Tonio che si era sempre limitato a guardare nella sua vita. Una vita da spettatore, come davanti a un televisore. Molti facevano cos?, molti penso, siano anche morti comodamente cos?. Perch? io no? Non capivo, non l?avrei mai capito. L?unica cosa che capivo era che ero solo lass?. Solo, come quando nasci. Neanche allora capisci. Non vorresti nemmeno farlo; abbandonare quell?unico luogo a te conosciuto, ma lo fai comunque. Senti l?irrefrenabile impulso di venirne fuori. Fuori da quella calda, umida, comoda caverna, ti porti verso la luce e cadi nell?ignoto pi? assoluto, che poi chiamano vita.Mi torn? quell?inquietudine sentita prima, quel presentimento?. un agevole appiglio?.. lo agganciai con decisione riportandomi verso l?interno della parete, ma solo per la met? superiore del mio corpo, con il braccio sinistro feci forza per tirarmi su e fu allora che vidi quella strana superficie. Il sole ci picchiava addosso e rimbalzava dritto sui miei occhi, non riuscivo a vedere, fui accecato per un po?, le lacrime mi rigarono le guance, riuscii ad asciugarle sfregandomi il viso su una spalla. Poi stringendo le palpebre riguardai quella superficie, non potevo toccarla senza lasciare gli appigli e non ne vedevo su di lei. Capii fosse trasparente, dietro di lei oggetti strani??. Di colpo, mi tornarono in mente le fregnacce della cugina di Susanna, come diavolo si chiamava?.. ah gi? Fausta? parlavano di tesori nascosti, forse erano quelli? Roso da una irrefrenabile curiosit?, lasciai l?appiglio della mano destra e toccai la superficie. L?equilibrio divenne molto precario ma il mio punto di vista cambi?, notai allora una sporgenza, posta per? molto in alto. Ancora orfana di appigli la mia destra and? a cercare la sporgenza?.. ma forse lo fece in modo maldestro?. veloce perch? l?equilibrio abbandonava il corpo?.. Afferrai con troppa forza e??? la parete cedette sotto il mio peso?? non mollai la presa ma ricevetti un contraccolpo violento. La parete infatti, si era aperta come una fetta di pane ma per la base era ancora attaccata al resto della struttura, forse ce l?avrei ancora fatta ma una frana mi invest??.. cedetti?.. e sentii il vuoto rapirmi?Qualcosa mi agganci? l?orlo dei calzoni?.da dietro?.. Mi tir? su ancora pi? in alto e sospeso mi teneva l?, nel vuoto, contro il sole accecante. Regnava un silenzio irreale. Ancora mi tornarono prepotentemente in mente le storie di tesori inviolabili e mostri terribili. Cosa poteva avermi catturato?.. o salvato?La cosa si spost? dalla luce e lo vidi?..?Ah sei tu. Perch? mi hai aiutato? Perch?? Ho passato cose peggiori nella mia Vita, le ho sempre affrontate da solo, sarei uscito anche da questo. E poi credi che salvarmi dalla caduta mi aiuti?. mi aiuti a non cadere mai, a non sbagliare mai? Non si pu? vivere in una campana di vetro, come fa Tonio, bisogna cadere e farsi male, per sapere se ci si potr? rialzare un giorno?.? Avrei voluto dirglielo, tutto questo, ma dissi solo: ?Pap? mettimi gi?!!?? ci si articola male a tre anni?.. e gi? che mi sgridava e avvertiva la rispettiva consorte, che poi sarebbe la mia mamma: ?Sabrina!! Tuo figlio si ? di nuovo arrampicato sul mobilio. Anche in casa d?altri adesso.? disse sommesso e sconfortato ? Questa vecchia credenza?.. guarda cosa ha combinato?. TUO FIGLIO!!?Tutti uguali questi padri. Quando fai le cose per benino?.?Si vede che sei mio figlio? ? oppure ?Il sangue non ? acqua!? ?. o ancora ?Dal tronco esce la tavola??.. ma in questi casi?. sei della mamma. Quando mi rimise a terra, notai che si erano sfracellati al suolo piatti e bicchieri, il tesoro che raccontava la cugina di Susanna?. quella col nome che non ricordo?. Arriv? la mamma di corsa e per prima cosa mi controll? scrupolosamente le mani, l?ultima volta mi ero ferito, poi mi sgrid??. Tutte uguali queste mamme?... Accidenti che sfortuna! Quando i miei sono in vacanza non fanno altro che pranzare dai vicini. Che scrocconi!!I miei amici intanto, si erano dileguati, non c?era neanche Tonio. Quando tira brutta aria capisce al volo quel furbastro! Scorsi solo Susanna nascosta in un angolo del soggiorno. Mi guardava con aria divertita, notai che stava mangiando un altro gelato al limone. Chiss? da dove diavolo prendeva tutti quei gelati.l\'ha scritto un mio carissimo amico che si chiama Giuseppe...? bravo vero?? Se mi da\' il permesso metto anche gli altri...

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16 Anni 10 Mesi fa #51677 da safra83
Risposta da safra83 al topic Re: un racconto...
? bravo....

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16 Anni 10 Mesi fa #52357 da ania
Risposta da ania al topic Re: un racconto...
Occhi verdiLa cerimonia scivolava via tranquillamente. Pino si sentiva sereno, nonostante fosse seduto proprio davanti all?altare con tutta la selva di amici e parenti posti dietro. Non aveva fatto altro che l?automa finora. Nient?altro che quello provato infinite volte nei giorni scorsi con Annalisa e don Sanna, e questo si sapeva essere un perfezionista, pretendeva molto anche perch?: ?Dai dieci anni non ti fai vedere qua dentro e adesso non vorrai mica sbagliare di fronte a Dio!? diceva ?e prega che non sia l?unico giorno?. Tutto liscio?.. fino a quel momento: lo scambio degli anelli. Perch?, vuoi per la stanchezza di quella lunga settimana o per quel forte odore di fiori che stordiva, vuoi per quell?atmosfera di solennit?, le luci, le candele, il parroco attorniato dai chierichetti o forse per gli occhi verdi splendidi di Annalisa che non lo avevano lasciato da quando aveva varcato il portone della chiesa, improvvisamente Pino si sent? debole, e stanco e le gambe gli si afflosciarono sotto il suo peso e la gente intorno aveva strane facce come riprese da un grandangolo e presero a danzargli attorno?..Un tonfo nella chiesa. Pino, riverso davanti all?altare a faccia in gi?, inizi? a ricordare. E chiss? perch?, la sua mente apr? un vecchio cassetto, chiuso ormai da tempo che lo riport? indietro a quella sera di otto anni prima, a quell?episodio tanto bizzarro che aveva cambiato per sempre la sua vita: Pino era stanco. Aveva appena finito di mungere le mucche e gli dolevano le braccia, diede un?ultima occhiata al display del refrigeratore e se ne and? chiudendo la stalla. Il latte per il formaggio del giorno dopo era pronto, per quel giorno aveva finito, almeno lui, al resto avrebbe pensato suo fratello Mario, che si attardava ancora gi? al capanno della mungitrice per le pecore, meno faticoso certo che mungere a mano ma l?impianto andava ripulito?. subito, lavoro pi? rognoso che Pino odiava. Cos? entr? in casa levandosi gli stivali luridi, scalzo, attravers? lo stretto corridoio che lo portava alla cucina-soggiorno della casa e si sedette sulla vecchia poltrona in pelle, quella che la mamma gli costringeva ad usare quando rientrava dal bestiame; certo lui si sarebbe volentieri buttato sopra quella buona del salotto ma la mamma lo avrebbe scuoiato come un agnello, non a torto visto quello che era costato (del resto )facendo il pastore, non si odora certo di petali di rosa!! Prima di farsi la doccia e prepararsi per uscire, si concesse qualche minuto di tele, cos? afferr? il telecomando. Primo piano sulla faccia di un belloccio del momento, una voce fuori campo raccontava le sue numerose conquiste amorose: modelle, starlette e veline mozzafiato, Pino pens? alla sua Annalisa e a come le cost? solo salutarla la prima volta che la vide in classe: ?Altre vite, altra gente? disse a voce bassa in tono solenne e cambi? canale iniziando uno zapping sfrenato. Si ferm? su di una fiera dalla bocca spalancata che chiuse non appena vi cadde dentro un trancio di carne sanguinolenta: coccodrilli, tanti coccodrilli venivano nutriti a distanza da un uomo con una salopette cerata verde. ?Per?? pens? Pino ? Il pastore dei coccodrilli?.. chiss? come ci si diverte con queste bestie, non certo come con pecore sporche e vacche noiose ?.. Coccodrilli?. sicuramente si guadagna di pi? che questo schifo di lavoro, ed almeno non hanno quegli occhi tristi quando li sgozzi, che ti fanno sentire in colpa per una settimana(?.guarda questi?)Che occhi gelidi!? Era il Telegiornale regionale, le immagini in questione riguardavano un vecchio servizio su un allevamento dei simpatici rettili in Colombia, immagini di repertorio che facevano da introduzione alla notizia del giorno. ?Ha telefonato Mario? irruppe la mamma come la sveglia dentro le camerate spegnendo il televisore e assicurandosi l?attenzione del figlio. ?Mamma! Stavo ascoltando!? prov? a protestare Pino ma lei continu?: ?Mancano nove pecore, forse son saltate dal muro verso il lago, vai a riprenderle.??Non ci pu? andare Mario dato che si trova l? vicino? Io devo uscire?.? ?Lo sai bene che Mario sta ancora mungendo? lo interruppe fissandolo con i suoi verdi occhi ?se ti muovi fai ancora in tempo?.. Non startene li?. muoviti.?(disse con) tono inoppugnabile, lo aveva sempre quando parlava con i figli. Li trattava( infatti) come dipendenti, era raro che concedesse loro qualche carezza,e tra queste ,(e se capita,era..) molte erano mascherate da vibranti sganascioni ma il tutto era necessario. Pretendeva molto da loro. Per loro aveva grandi ambizioni ma Pino?. lui le dava (grandi) preoccupazioni la notte?.. non aveva abbastanza carattere il ragazzo, non abbastanza per essere un futuro proprietario della Sua azienda, meglio Mario?. ma anche lui ?.. per adesso bastava e avanzava lei, lei, ?Il Sergente di Ferro? come la chiamava Pino con gli amici (per lui era anche molto simile fisicamente al sergente di ?Full metal jacket?, solo non portava quel ridicolo cappello) era l?unica a mandare avanti l?azienda, lei che aveva tenuto testa ai grandi proprietari del posto che, dopo la morte del marito, volevano mettere le mani sull?azienda. Pensavano infatti che essendo donna, sola e non prettamente dell?ambiente agro-pastorale, avrebbe venduto alla prima offerta irrisoria che le si presentava davanti ma si erano dovuti ricredere ?quei vecchi bavosi!?, non solo non vendette ma rimodern? l?azienda sfruttando contributi europei e regionali, dimostrando cos? di avere pi? spirito imprenditoriale del defunto marito che ?Pace all?anima sua!?, si limit? solo a comprare altri terreni e altro bestiame e ad accumulare debiti che il Sergente estirp? come erbacce dal campo.Molto contrariato ma ubbidiente, Mario si riinfil? gli stivali e si diresse verso il lago. In realt? si trattava dell? invaso creato dalla diga a monte; era stato un anno generoso di piogge; normalmente la siccit? regnava in quei luoghi, il lago d?estate si presentava vuoto con tristi spiagge rosse di fango secco ma non quell?anno, l?acqua aveva mangiato parecchio pascolo ed era salito tanto da lambire il terreno dei Fois.Nuvole veloci, coprivano ampi tratti di cielo rendendo la notte buia e senza stelle. Pino scendeva veloce per il sentiero di pietra accendendo ogni tanto la torcia elettrica che si era portato dietro. Si ferm? solo il tempo di una sigaretta e per prendere il cellulare, poi riprese il cammino. ??..Ciao Am??.. no, non credo di riuscire a venire oggi ??. Si lo so, son tre giorni che non ci si vede ma ieri dovevo studiare e oggi delle maledette pecore sono scappate e le devo ritrovare?. Am? dai, non fare cos?. forse riesco a fare in tempo??. si lo so che sarei dovuto essere gi? li ma ho fatto tardi?? Noo? non sono in giro con i ?miei amici???. ma che dici, sono due settimane che non li vedo!..... Senti domani facciamo feria e?? Pronto! Annalisa?.. Ma vaffa?..? Aveva chiuso il telefono Annalisa, infuriata, come le succedeva spesso, quando non riusciva ad averla vinta in qualche modo, a Pino pareva di vederla aggiustarsi nervosamente i capelli e uscire lesta da casa per andare da Caterina. L? Annalisa avrebbe convinto l?amica, a passare la serata con lei davanti alla Tv, non poteva certo essere la sola a non divertirsi il sabato sera e l?indomani non appena avesse rivisto quel suo pseudo-ragazzo, di tutto quello, gli avrebbe rinfacciato la colpa.Pino, ora anche triste, pensava che le uniche donne della sua vita non facevano altro che farlo soffrire, la mamma che lo trattava come una recluta dell?esercito e Annalisa che lo comandava ugualmente ma con ripicche, capricci e il ricatto di non volerlo pi?; questo lo terrorizzava soprattutto per l?incognita di trovarsi un?altra ragazza; non c?era la fila dietro Annalisa, non sapeva farci molto con le donne e se ci pensava bene, dopotutto fu Annalisa che lo scelse. Con questi pensieri arriv? gi? al capannone della mungitrice, vedeva le luci accese e si immagin? dentro Mario intento a mettere le tettarelle alle pecore. Il terreno dei Fois era delimitato a Sud da un vecchio muretto a secco oltre i pascoli espropriati dalla regione per l?invaso. (ho tolto le virgole tra oltre) ?Merda!? Il muro era caduto ?devono essere davvero passate da qui, avrei dovuto sistemarlo l?altro giorno???disse Pino a voce alta. Guard? l?ora e si guard? indietro, era tentato di lasciar perdere tutto e di correre da Annalisa, ma pens? a Mario, che avrebbe dovuto cercarsele lui quelle stupide bestie e al Sergente, che presidiava la sua casa, cos? inizi? a scavalcare il muro. Accese la torcia e setacci? lentamente il terreno intorno con il fascio di luce, cercando il riflesso degli occhi ovini, ?Ma dove sono finite.? poi gli sembr? di udire pi? a Est uno scampanio, non era sicuro dato il vento che confondeva i suoni, si diresse verso quella direzione e dopo un po?, in effetti risent? lo scampanio. Punt? il fascio di luce e vide un piccolo essere scuro che si agitava davanti al lago: ?Barone!? chiam? forte Pino ma l?essere scuro che non era altro che un piccolo bastardino, non smetteva di agitarsi. Barone era un cane reso afono da un ?Vero Bastardo? che per oscuri motivi gli tagli? le corde vocali e non pago, lo abbandon? per strada. Lo aveva trovato la mamma di Pino mentre girava senza meta e, dato che anche i sergenti hanno un cuore, lo aveva portato con s? promuovendolo cos? cane pastore, afono ma amatissimo. Pino si avvicin? al suo amico e not? che non era solo, da bravo pastore qual era diventato insieme a lui vi erano le ?fuggiasche?. ?Bravo Barone? disse abbassandosi ad accarezzare il cane che scodinzolava di gratitudine ma che non smetteva di agitarsi e guardare verso la massa d?acqua lucente. Non si era nemmeno reso conto che si trovava a ridosso dell?invaso, era in mezzo al fango e guardando il suo agitato amico gli venne un dubbio ?Vuoi vedere che qualcuna ci ? finita dentro??. Subito si mise a contare le pecore, ne erano mancate nove e quelle erano otto. Volse lo sguardo nuovamente verso il lago, poi guard? nuovamente il cane. In effetti si comportava in modo strano. Solo una volta lo aveva visto cos?, quando una volpe si era infilata in un cespuglio in mezzo al pascolo tra le pecore, Barone andava avanti e indietro temendo il piccolo predatore rosso. Ma in mezzo a quell?acqua non ci poteva essere nessuna volpe. Sent? uno sciabordio, avanz? ancora nel fango entrando nell?acqua ancora bassa, punt? il fascio di luce. Niente. Avanz? ancora un metro, l?acqua gli arrivava quasi al bordo dello stivale e il fango gli legava i piedi. Punt? di nuovo e questa volta vide il riflesso di due occhi.Anche le pecore se illuminate riflettono la luce coi loro occhi, riflessi bluastri da fantasmi, ma questi erano diversi. Due grossi occhi verdi si muovevano veloci verso di lui. Pino ebbe paura e si ritrasse verso dietro, subito per?, gli occhi sparirono. ?Accidenti a me?.. Ma di cosa ho paura? disse il ragazzo a voce alta per farsi coraggio. In effetti, a parte i ladri di bestiame, non c?era mai stato niente di pericoloso in zona, tanto meno in acqua.Punt? di nuovo il fascio di luce, gli occhi non c?erano pi?, ma solo un corpo nero e lungo: ?Un tronco, ho avuto paura di un tronco!? continuava a gridare nella notte, ?Accidenti a te Annalisa, mi stai facendo impazzire? diede la colpa alla ragazza della sua paura, lei lo rendeva nervoso, lei lo comandava, lei aveva due splendidi occhi verdi, come quelli che sembrava aver visto nell?acqua. ?Pino?..Che stai gridando?? una voce nel buio fece sobbalzare il ragazzo, era Mario che finito il lavoro veniva ad aiutare il fratello minore. ?Le ho trovate? di rimando Pino sentendosi stupido. Poi dall?acqua nuovamente lo sciabordio, questa volta pi? forte come una folaga che prende il volo, punt? in fretta il fascio di luce verso il rumore, il tronco di prima era davanti a lui a circa due metri ?Curioso?. Va contro vento? deduzione giusta ma tardiva, al tronco riapparvero gli occhi verdi e subito dopo fece come un balzo verso il ragazzo. Pino si sent? agganciare per il braccio sinistro, quello che teneva la torcia, e tirare verso il basso. Non vi fu pi? il vento attorno a s?, fango e acqua gli entravano dalla bocca, lo avvolgevano, la luce della torcia che si ostinava a tenere in mano rendeva il liquido irreale, irreale come quei due maledetti occhi verdi che non lo mollavano. Un dolore forte, lancinante, questa volta la torcia fin? sul fondo, ?E? finita!? pens? Pino, trascinato da chiss? cosa nell?oscurit? del lago. Poi, sent? tirare per i piedi, una forza potente contrastava con quella del tronco, un ultimo strappo, un dolore immenso, si trov? fuori dall?acqua. Il cielo era libero dalle nubi, le stelle illuminavano la notte. Pino fece in tempo a riconoscere Mario, poi svenne. Mario si tolse la cinta dei pantaloni e la strinse forte sul braccio del fratello, poi se lo caric? sulle spalle e corse verso il trattore parcheggiato davanti al capannone, seguito da un impaurito Barone. Luce abbagliante. Ecco cosa vide Pino quando apr? nuovamente gli occhi. E sent? bruciore. Sul viso.Il ?Sergente di ferro?, elegantissima con un tailleur nero, gli stava dando sonori ceffoni, la ferm? Don Sanna resosi conto che Pino si era ripreso dallo svenimento. Fu aiutato a mettersi seduto, mentre qualcuno gli portava un bicchiere d?acqua. Si guard? intorno frastornato, si accorse che il braccio le doleva, come i primi giorni di allora, quando pareva fosse ancora attaccato ?? un fenomeno comune tra gli amputati? gli avevano spiegato. Intorno a s? la folla, facce amiche e sconosciute lo osservavano perplesse. ?Qualcuno apra il portone, fate circolare un po? d?aria? ordin? il parroco. Ancora confuso, riinizi? ad associare i volti con i nomi, ed ecco quindi suo fratello Mario, il suo amico e testimone Franco, suo cugino Ludovico, poi tra loro, due figure adiacenti, una in tailleur nero che si fregava le mani l?altra con l?abito bianco, riconobbe le donne della sua vita, le uniche, le stesse, entrambe lo guardavano con aria seria e indispettita fissandolo coi loro occhioni verdi. Gi??. Verdi!Verdi come quella sera, quelli del coccodrillo, abbandonato nel lago da un proprietario ricco e incosciente resosi conto tardivamente che il suo giocattolo era cresciuto troppo. E pensare che era stato anche arrestato per quell?animale, colto in flagrante mentre lo scaricava dal suo camioncino in acqua e lo lasciava andare; ne stava dando notizia il Tg regionale quella sera, prima che il ?Sergente? spegnesse la tele, prima che dicesse che il pericoloso rettile si aggirava proprio nel lago dietro ai Fois. Ci vollero altri due giorni, dopo l?aggressione, prima che la Forestale riuscisse a catturarlo, il rettile dagli occhi verdi (verdi solo di notte puntandogli la luce), l?acqua torbida del lago gli dette la giusta protezione e si mimetizz? bene tra radici ed alberi sommersi, pensando forse di essere nella sua Africa; visse libero per un po?, con in pancia qualche pesce, una pecora e il braccio di Pino. Gli occhi delle due donne continuavano a fissarlo. Quello svenimento era fonte di grande imbarazzo per loro. Il paese ? piccolo e la gente, la sera nei bar, davanti a una tazza di vino, ne avrebbe parlato per mesi. La mamma continuava a fregarsi le mani?. quattro schiaffi glieli avrebbe ancora dati per svegliare meglio quel suo figlio debosciato?.. Ma era Annalisa la pi? infuriata. In piedi, immobile nell?abito bianco costato un patrimonio, con un dito contorceva nervosamente un ciuffo dei capelli biondi, sfuggito, forse per l?ira, dalle maglie di spille e retine dorate che ne imprigionavano il resto. Le sue labbra serrate non emettevano suoni, solo il tenero nasino all?ins?, fonte di invidia fra le coetanee, sibilava rumorosamente come un toro prima della carica. Nessuno tra i presenti osava avvicinarla, ben noto era il suo caratterino. ?Povero Pino? molti pensavano, scelto come sposo, solo perch? pi? addomesticabile. In effetti Annalisa, da Pino era riuscita ad ottenere tutto. Dopo il diploma lo aveva costretto ad iscriversi in Giurisprudenza a Cagliari per tenerselo vicino, dato che lei studiava Lettere e Filosofia, facendolo rinunciare a Veterinaria, a Sassari, pi? consona per lui ed anche pi? vicina alla sua azienda che non abbandon? mai. Dopo il lavoro scendeva in citt? tre volte la settimana, stanco morto, anche perch? non sempre sopportava bene la protesi del braccio, guidando per centoventi chilometri. Il risultato ultimo fu che Pino non dette mai un esame. Lo costrinse anche a cambiare macchina, facendogli comprare una grande berlina grigia, si vergognava troppo di uscire con quel vecchio catorcio rosso, non pensando minimamente ai grossi problemi economici che in quel periodo Pino stava affrontando. Senza contare il matrimonio, con tutti quegli invitati e il ristorante ed il men? e la musica, tutto era scelto da Annalisa, tutto sarebbe stato programmato da lei, anche il futuro. Pino lo sapeva, in fondo lo aveva sempre saputo. Sin dal giorno dell?incidente sembrava che il rettile si fosse portato via il suo braccio ed il resto lo aveva preso Annalisa ed anche la mamma che non era mai stata contenta di lui e che continuava a comandarlo come da ragazzo. Mai si era lamentato. Quegli occhi continuavano a fissarlo??Pino stai bene adesso?? chiese Mario che era dietro di lui?..?Mi ascolti? Riprendiamo la cerimonia? ????OCCHI VERDI!..... ? grid? lo sposo, mentre i presenti si guardavano perplessi.Stavolta Pino non si gir? verso il fratello come quella sera, rimase vigile davanti a quegli occhi che lo puntavano. Di scatto si alz? e senza voltarsi fece un balzo vigoroso all?indietro, facendo cadere rovinosamente Mario, Don Sanna, un chierichetto, la damigella che gli portava l?acqua e il leggio dell?altare. ?OCCHI VERDI!??. continu? a ripetere tirandosi indietro tra la confusione generale degli invitati che accorrevano per soccorrere i caduti. A quel punto il ?Sergente di Ferro? decise di intervenire, abbandon? la sua posizione e ringhiando si diresse lesta verso l?invasato, caricando un gran rovescio da dietro l?orecchio ma?. ahim?, dimentic? di portare i tacchi alti e a pochi passi dall?obbiettivo, precipit? a terra sibilando nell?aere il rovescio mancato. Annalisa allora, paralizzata e cieca dalla rabbia apr? lentamente le labbra, scoprendo i bianchi denti perfetti e in una smorfia terrificante grugn?: ?MA CHE DIAVOLO STAI FACENDO!!? Pino sent? l?aria provenire dall?ingresso aperto della chiesa e dopo un ultimo sguardo agli occhi della fiera di bianco vestita e dalla bocca spalancata, si gir? e corse via verso il vento, verso la luce.Il tempo pass??.. Il ?Sergente di Ferro? come per lavare l?onta di suo figlio, non potendo pi? tenere le redini dell?azienda, per fortuna passata a Mario, si butt? in politica, fondando un partito di estrema destra l?UFD, ossia Unione Forze Democratiche?? che i ?maligni? interpretarono Uccidiamo i Figli Debosciati?... La bella Annalisa, non tard? a sposarsi, fino in fondo stavolta, con un ricco imprenditore che si era tenuto buono e incognito sin dai tempi dell?universit?. Nessuno in paese seppe pi? nulla di Pino.. La sera nei bar affollati, tra una parola e pi? bicchieri di birra, si narrano ancora le gesta dello sposo monco che riusc?, beato lui, a sottrarsi alle grinfie del matrimonio. Poi, quando l?ora si fa tarda, quando la folla inizia a scemare, quando agli ultimi avventori l?alcool ha rubato loro l?anima, sottovoce, piano piano, si sussurra che Pino sotto mentite spoglie, sia scappato in Sud America, che abbia fatto fortuna, che abbia aperto un allevamento di coccodrilli?? e che ora le tenga a bada lui?? le fiere dagli occhi verdi.

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