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Importanza della media e del voto di laurea
Eh concordo. Basterebbe poco. Imho:
- Test su archivio non noto, con tutti i quesiti clinicamente inquadrati e attinenti alla specialità
- Eventuale seconda prova uguale per tutti
- Eventuale prova pratica
- Valutazione degli internati, a partire dal IV anno di medicina
- Valutazione del curriculum professionale post-laurea
- Valutazione del voto di laurea
- Valutazione del rispetto dei tempi per laurearsi
- Valutazione delle pubblicazioni solo se prima o seconda firma.
Ma certo così rischiano di passare i più competenti e non i predestinati.
Così sarebbe un ottimo metodo di selezione e, per tornare alla discussione, la media avrebbe un peso relativo adeguato.
Però
- Valutazione degli internati, a partire dal IV anno di medicina
Non è universale...i reparti (e la possibilità di accedervi e di ottenere un riconoscimento formale) sono molto diversi tra i vari atenei.
- Valutazione del curriculum professionale post-laurea
Uhm...in questo modo verrebbe favorito chi ha atteso più tempo per entrare in specializzazione, mentre sarebbero svantaggiati i neolaureati...non so, mi piace l'idea di inserire immediatamente i giovani, ma in effetti, razionalmente parlando, è giusto favorire chi ha più esperienza e chi è più competente. Magari si potrebbe cercare una via di mezzo rapportando l'esperienza professionale al tempo che si è trascorso fuori dalla specializzazione.
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Va beh, se è per questo anche i corsi e relativi metri di valutazione. Anzi, anche all'interno dello stesso corso sai benissimo che lo stesso esame può valerti 25 con un docente e 30 e lode con un altro.i reparti (e la possibilità di accedervi e di ottenere un riconoscimento formale) sono molto diversi tra i vari atenei.
Concordo che sarebbe bello arrivare a un'equilibrio tra la valutazione dell'esperienza pratica e dello studio teorico.Uhm...in questo modo verrebbe favorito chi ha atteso più tempo per entrare in specializzazione, mentre sarebbero svantaggiati i neolaureati...non so, mi piace l'idea di inserire immediatamente i giovani, ma in effetti, razionalmente parlando, è giusto favorire chi ha più esperienza e chi è più competente. Magari si potrebbe cercare una via di mezzo rapportando l'esperienza professionale al tempo che si è trascorso fuori dalla specializzazione.
Certo è chiara l'ansia di entrare subito in specialità, d'altra parte in molte facoltà si creano "code" di persone che comunque accumulano esperienza (spesso più dei colleghi che entrano subito in specialità, perché devono lavorare come liberi professionisti o come consulenti medici e, a differenza degli specializzandi, capita che si prendano delle responsabilità in autonomia e in prima persona, spesso anche da soli). Trovo assurdo che queste competenze non siano in alcun modo valutate, o se preferisci troverei ragionevole valutare queste competenze.
Mai darsi per vinti! Mai arrendersi!
comandante Peter Quincy Taggart
Galaxy Quest, 1999
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Guardate io posso essere d’accordo dell’importanza della puntualità ed efficienza nel rispettare gli impegni.
Questo sarebbe un criterio giusto se la vita potesse essere programmata e decisa da noi senza nessun imprevisto.
Io credo che nella vita gli imprevisti- parlo di imprevisti importanti, naturalmente…non dell’autobus che non passa:)- ci siano e ci saranno sempre. E che cosa farei se sul lavoro mi capitasse un imprevisto grave che non mi permettesse di essere al massimo delle mie capacità fisiche, mentali o famigliari,ecc ?....io dico che per una questione di coscienza, ridurrei l’orario di lavoro, farei un part time se possibile.
Insomma, ciò che è certo è che non si può avere tutto:se si vuole finire in fretta ed arrivare alla laurea, bisogna avere la possibilità di dedicarsi totalmente o quasi totalmente allo studio.
Essere fuoricorso è la stessa cosa dell’esempio che vi ho fatto, per come la vedo io. Cioè nel momento in cui non si è al massimo delle proprie capacità economiche o fisiche o mentali si “riduce l’orario” di studio perché una parte del tempo la si deve dedicare prioritariamente ad altre cose. Questo non vuol dire non rispettare le scadenze, ma significa adeguare con coscienza la propria situazione personale-psico-fisica-famigliare-economica o al lavoro o allo studio. E anzi significa avere la “duttilità” e la responsabilità di adattarsi ad un nuova strada moooolto più in salita che siamo d’improvviso costretti a percorrere. Quante volte nella propria vita capita di dover cambiare i piani che ci si era prefissati?
Io preferisco un medico che quando ha un problema grave e non ce la fa più a portare avanti il suo lavoro bene si prende una bella pausa, piuttosto che un medico che continua a lavorare –lavorando male- solo per rispettare delle scadenze. Nessuno è una macchina(per quanto, devo dire, qualcuno che ho conosciuto ci si avvicina molto……)
E’ chiaro poi che questo aspetto dei “limiti” che ciascuno di noi ha è molto personale….un mio prof che si occupa di chirurgia dei trapianti, veniva a farci lezione dopo un sacco di ore di trapianto in sala operatoria ed era lucidissimo- mannaggia!:)più di me che avevo dormito normalmente:)-; una dottoressa che conosco invece si sovraccaricava di turni –per guadagnare di più- e l’ho vista fare degli errori molto gravi e compromettenti per la salute del pz. Insomma, esattamente come si fa quando si valuta l’entità di un dolore in cui uno stimolo per una persona può evocare un dolore 10 e per un’altra un dolore 2.
E’ vero che la situazione mi riguarda da vicino, però, insomma, abbassare di così tanto il voto di laurea significa non dare a molte persone la possibilità di entrare in molte specialità….è vero che gli erorri si pagano sempre, ma è anche vero che a volte una persona si trova “costretta a sbagliare” per una serie di motivi esterni e si trova nella condizione di non poter far altro che finire fuori corso.
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E cosa ne sarebbe dei pazienti a te affidati? Cosa ne sarebbe dei colleghi che si assumomo il tuo carico di lavoro? Cosa ne sarebbe del collega che ti sostituisce, nel momento in cui tu rientri e rivuoi il tuo posto e le tue responsabilità?E che cosa farei se sul lavoro mi capitasse un imprevisto grave che non mi permettesse di essere al massimo delle mie capacità fisiche, mentali o famigliari,ecc ?....io dico che per una questione di coscienza, ridurrei l’orario di lavoro, farei un part time se possibile.
E' proprio perché nella vita gli imprevisti capitano che vanno selezionate le persone che sono capaci di rispettare i tempi indipendentemente dagli imprevisti che capitano.
E dare ad altrettante persone una possibilità di entrarci, al momento totalmente negata.abbassare di così tanto il voto di laurea significa non dare a molte persone la possibilità di entrare in molte specialità…
Mai darsi per vinti! Mai arrendersi!
comandante Peter Quincy Taggart
Galaxy Quest, 1999
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Che male ha fatto ai suoi pazienti? o ai suoi colleghi?nessuno! e anzi, nessun paziente ha dovuto avere a che fare con un chirurgo “non più appassionato” del suo lavoro.
Io credo che cambiare la propria strada sulla base dei propri limiti, qualità,sogni, speranze, difficoltà gravi sia non importante ma importantissimo. Se no, si va avanti come i cavalli con i paraocchi, senza vedere che c’è un problema gigante.
Capisco perfettamente che sia importante la puntualità ed il rispettare i tempi.
Ma quando si ha a che fare con problemi molto gravi, secondo me è importantissimo prendersi del tempo. Come diceva mia nonna”non si può saltare, né correre!”
Io non penso assolutamente che il mio(e quello di altri) non avere rispettato i tempi farà di me un medico peggiore. Anzi, come tutti i periodi bui, servono a formarti, a temprarti, a farti diventare più forte e allo stesso tempo più capace di capire i problemi degli altri.
Io non chiedo e non voglio compassione per quello che mi è capitato. Né voglio una via più facile.
E se anche dovesse esserci questa tua “regola” del 100(tra l’altro le persone competenti non riescano ad entrare a causa delle “conoscenze” ) vorrà dire che farò più pubblicazioni e cercherò di dimostrare che nonostante io abbia impiegato del tempo in più sono in grado di essere competente quanto gli altri. Non chiedo di certo che gli altri mi compatiscano,mi adeguo alle regole.
Ho risposto molto sinceramente nel post precedente, perché mi spiace quando leggo queste cose….questo è esattamente il modo di ragionare che avevo io prima che mi succedesse di diventare una “fuoricorso”….mentre ora,per fortuna- sì, perché anche le cose negative hanno dei risvolti positivi-, ho capito che dietro l’essere fuoricorso non c’è sempre la “non voglia” o “l’essere pelandroni”…ma c’è veramente “tutto un mondo” .
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La verità è che non esiste un modo per capire quanto veramente uno possa essere bravo, e sia il laurearsi in tempo, sia il laurearsi con un voto alto, sono tutti a vantaggio dello studente.
Certo il voto alto premia più l'esperienza sui libri e anche uno studio mnemonico e acritico, magari in confronto a uno che è sempre stato in reparto, ma è altrettanto vero che l'esperienza di reparto si fa in una vita.
il problema principale secondo me è che non c'è un modo quantomeno univoco di valutazione...
Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.
L'amore non avrà mai fine". (Paolo di Tarso)
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