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Vaticano:la morte cerebrale non è fine della vita
Black as night, black as coal, I wanna see the sun blotted out from the sky,I wanna see it painted black.
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Da qui a dire \"Non basta la dichiarazione di «morte cerebrale» per decretare la fine di una vita. È quanto scrive l\'«Osservatore Romano» in un editoriale di prima pagina\"... mi sembra che la Stampa voglia stampare un po\' fuori del vaso.PS: grazie a Morfeo per la segnalazione.Naturalmente, in proposito si è aperta nel mondo scientifico una discussione, in parte raccolta nel volume, curato da Roberto de Mattei, Finis vitae. Is brain death still life? (Rubbettino), i cui contributi - di neurologi, giuristi e filosofi statunitensi ed europei - sono concordi nel dichiarare che la morte cerebrale non è la morte dell\'essere umano.
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ciò che si comincia a mettere in discussione è il nodo sempre più critico di cos\'è vita e cos\'è morte, fino a dove si può arrivare con la medicina e quando invece è accanimento terapeutico?è ovvio che si è optato per una generalizzazione del concetto etico per il semplice fatto che se è possibile il trapianto degli organi, perdonate la crudezza, è perchè a lui non serviranno più. è morto.guardo sinceramente un po\' con diffidenza a chi vuole fare filosofia su basi che invece dovrebbero essere scientifiche. La filosofia è un\'altra cosa. Non ci possiamo continuare a basare sulla filosofia per scegliere le linee guida etico morali di un mondo medico in continua e rapida espansione com\'è quello degli ultimi anni. questo è ciò che penso. si sta esagerando.Facendo il punto sulla questione, Becchi scrive che \"l\'errore, sempre più evidente, è stato quello di aver voluto risolvere un problema etico-giuridico con una presunta definizione scientifica\", mentre il nodo dei trapianti \"non si risolve con una definizione medico-scientifica della morte\", ma attraverso l\'elaborazione di \"criteri eticamente e giuridicamente sostenibili e condivisibili\". La Pontificia Accademia delle Scienze - che negli anni Ottanta si era espressa a favore del rapporto di Harvard - nel 2005 è tornata sul tema con un convegno su \"I segni della morte\". Il quarantesimo anniversario della nuova definizione di morte cerebrale sembra quindi riaprire la discussione, sia dal punto di vista scientifico generale, sia in ambito cattolico, al cui interno l\'accettazione dei criteri di Harvard viene a costituire un tassello decisivo per molte altre questioni bioetiche oggi sul tappeto, e per il quale al tempo stesso costa rimettere in discussione uno dei pochi punti concordati tra laici e cattolici negli ultimi decenni.
E' facile sapere contro cosa si combatte. Più difficile è sapere in cosa davvero si crede.
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Facendo il punto sulla questione, Becchi scrive che \"l\'errore, sempre più evidente, è stato quello di aver voluto risolvere un problema etico-giuridico con una presunta definizione scientifica\", mentre il nodo dei trapianti \"non si risolve con una definizione medico-scientifica della morte\", ma attraverso l\'elaborazione di \"criteri eticamente e giuridicamente sostenibili e condivisibili\". La Pontificia Accademia delle Scienze - che negli anni Ottanta si era espressa a favore del rapporto di Harvard - nel 2005 è tornata sul tema con un convegno su \"I segni della morte\". Il quarantesimo anniversario della nuova definizione di morte cerebrale sembra quindi riaprire la discussione, sia dal punto di vista scientifico generale, sia in ambito cattolico, al cui interno l\'accettazione dei criteri di Harvard viene a costituire un tassello decisivo per molte altre questioni bioetiche oggi sul tappeto, e per il quale al tempo stesso costa rimettere in discussione uno dei pochi punti concordati tra laici e cattolici negli ultimi decenni.
E fin qui immagino che siano tutti daccordo sul fatto che riguardo un argomento così delicato non si sia ancora giunti ad un punto di vista generalmente accettato, e che pertanto se ne debba parlare e discutere. O sbaglio?ciò che si comincia a mettere in discussione è il nodo sempre più critico di cos\'è vita e cos\'è morte, fino a dove si può arrivare con la medicina e quando invece è accanimento terapeutico?
Per quanto ciò sia un po\' controverso sono daccordo in linea di principio. Tuttavia se (e dico SE) si dovesse rimettere in gioco il concetto di \'vita\' e di \'morte\' bisognerebbe anche ripensare in maniera diversa al trapianto d\'organi. O sbaglio?è ovvio che si è optato per una generalizzazione del concetto etico per il semplice fatto che se è possibile il trapianto degli organi, perdonate la crudezza, è perchè a lui non serviranno più. è morto.
Appunto. Se non sbaglio nel brano riportato si diceva che:guardo sinceramente un po\' con diffidenza a chi vuole fare filosofia su basi che invece dovrebbero essere scientifiche. La filosofia è un\'altra cosa. Non ci possiamo continuare a basare sulla filosofia per scegliere le linee guida etico morali di un mondo medico in continua e rapida espansione com\'è quello degli ultimi anni. questo è ciò che penso. si sta esagerando.
Scusami, devo essermi perso qualcosa: dove, esattamente, si parla di Filosofia?(E anche SE si volesse affidare questa riflessione alla Filosofia, cosa ci sarebbe di sbagliato? Non stiamo generalizzando eccessivamente in preda ad un qualche raptus di profonda avversione verso qualcuno/qualcosa?)Il quarantesimo anniversario della nuova definizione di morte cerebrale sembra quindi riaprire la discussione, sia dal punto di vista scientifico generale, sia in ambito cattolico, al cui interno l\'accettazione dei criteri di Harvard viene a costituire un tassello decisivo per molte altre questioni bioetiche oggi sul tappeto, e per il quale al tempo stesso costa rimettere in discussione uno dei pochi punti concordati tra laici e cattolici negli ultimi decenni.
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