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Non fate il chirurgo!!
Al polso porta il ricordo di un suo collega, un bravissimo chirurgo che in piena carriera professionale si è tolto la vita perché il suo lavoro non aveva più alcun senso. Colpa di turni fuori da ogni limite, di interventi complessi affrontati sempre al top per salvare vite umane, il peso sulla coscienza di responsabilità che si chiamano persone, stress e depressione inevitabili e una famiglia allo sfascio. Tutto questo per rincorrere un ideale: essere un bravo chirurgo. Quel collega-amico lo ricorda così Lorenzo Repetto, 61 anni, chirurgo dell’ospedale Molinette di Torino. Oggi questo medico racconta la sua esperienza tra turni stressanti, guardie, pronte reperibilità, interventi complessi, urgenze di pronto soccorso e attacchi di insicurezza che qualche volta l’hanno portato pure a rivedere (anche se inutilmente) esami e cartelle di pazienti in pieno intervento chirurgico.
Lorenzo Repetto lavora presso il reparto di Urologia diretto dal professor Alessandro Tizzani. È stato il primo urologo ad aver eseguito in Italia il prelievo di rene laparoscopico da donatore vivente per trapianto, e oggi, da allora, conta 64 prelievi da vivente eseguiti, la casistica urologica più alta d’Italia. È nato a Genova ed è figlio di un primario di Chirurgia generale («non lo vedevo mai a casa perché era sempre in ospedale»). Come altri suoi colleghi ha conosciuto il dolore di un divorzio per inseguire l’ideale del “bravo medico”. «Per fare bene il nostro mestiere capita anche questo - spiega Repetto -, i rapporti con le persone più vicine vengono inevitabilmente deteriorati, in particolare con i propri cari, la moglie e i figli, che risentono del distacco che si viene a creare quando per te arriva prima il lavoro. Ne derivano così incomprensioni che possono portare anche al divorzio, come è capitato a me. Tra i chirurghi c’è una percentuale altissima di divorziati».
I dati parlano di un 12% di chirurghi che ha problemi di alcol o droga e non sa a chi chiedere aiuto. «Le statistiche sono in difetto - ammette Repetto - e si arriva a questo perché non si stacca mai dal lavoro. Molto spesso gli interventi che affrontiamo sono molto difficili e anche quando sono conclusi non si riesce a staccare la mente dal caso». In che senso? «Si pensa sempre al decorso post operatorio, alle eventuali complicanze che possono subentrare, si chiama anche di notte per sapere l’esito degli esami di controllo eseguiti sui pazienti. Tutto questo perché ad una persona che ti chiede aiuto devi dare il meglio di te stesso. Perché quando un paziente entra in sala operatoria malato ed esce guarito è una cosa che ti gratifica».
Il risultato? «Tanto stress - ammette il chirurgo - perché una situazione del genere non ti dà un minuto di riposo né di notte, né di sabato e neppure di domenica. Vieni chiamato a tutte le ore, ci sono poi le guardie, le urgenze di pronto soccorso perché non c’è nessun’altro al tuo posto (c’è carenza di medici e infermieri). Al punto che un giorno mio figlio Stefano e mia figlia Mariella mi hanno detto che non avrebbero mai e poi mai fatto il medico perché loro, un domani, vogliono stare vicini ai loro figli». Niente droga o alcol per affrontare i momenti più difficili della professione, «ma ho un divorzio alle spalle, mi sono risposato e ho due figli meravigliosi - racconta Lorenzo Repetto -. La mia via di fuga da tanto stress è sempre stato lo sport (sci, corsa, nuoto e moto) e poi le ferie, quando durano più di due settimane». Cosa fa la legge italiana per i chirurghi? «Niente, non riconoscendone lo stress psichico. Tutto l’aiuto può venire solo dall’Azienda, dai direttori e dai colleghi». Cosa consiglia, infine, ai giovani che vogliono fare i chirurghi? «Premesso che fare il chirurgo è il lavoro più bello del mondo, consiglio ai giovani di non farlo».
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news.google.it/news/url?sa=t&ct2=it%2F0_...hirurgo--_26781.html
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- calliphora
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Cretinate a parte, io non so se farò il chirurgo e non conosco la professione, ma chi intraprende questo percorso dovrebbe avere ben chiaro quanto sarà fisicamente ed emotivamente massacrante. Purtroppo, se la pressione raggiunge questi livelll e non hai nessun aiuto... è ovvio che implodi. Bisognerebbe fare qualcosa prima, penso che questo tipo di stress dovrebbe essere considerato una sorta di malattia professionale.
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Sono infatti rarissimi i chirurghi d'urgenza anziani, infatti va sempre a finire che si specializzano in un settore, e poi fanno solo quello. Questo è il loro modo per combattere questo tipo di stress.
Purtroppo ci sono anche quelli che ci credono davvero, che vanno fino in fondo, e alla fine pressochè inevitabilmente, crollano, sotto il peso delle responsabilità.
Comunque non crediate che siano tutti i chirurghi. Queste sono le classiche sindromi da burn-out che colpiscono soprattutto gli anestesisti.
Molto spesso gli interventi che affrontiamo sono molto difficili e anche quando sono conclusi non si riesce a staccare la mente dal caso». In che senso? «Si pensa sempre al decorso post operatorio, alle eventuali complicanze che possono subentrare, si chiama anche di notte per sapere l’esito degli esami di controllo eseguiti sui pazienti. Tutto questo perché ad una persona che ti chiede aiuto devi dare il meglio di te stesso. Perché quando un paziente entra in sala operatoria malato ed esce guarito è una cosa che ti gratifica
anche questo non succede solo ai chirurghi.
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Purtroppo è così, sinceramente non so che tipo di soluzione ci potrebbe essere al riguardo.
Ripeto, i grandi chirurghi, ma anche quelli meno grandi, ovviano al problema ipersettorializzandosi, in modo di acquisire comunque grande capacità in un campo specifico (p.e. il primario di chirurgia generale della mia uni fa SOLO pancreas - è cmq una chirurgia difficilissima). Così come altri fanno solo fegato ecc.
In questo modo viene meno la figura del grande chirurgo che fa tutto, che salva la vita, col mantello e la lancia, il chirurgo diventa una figura di un specialista dell'azione, ma pur sempre un ultraspecialista.
Questo forse per il pz è un bene (se a monte c'è una buona diagnosi internistica, cosa che invece si sta perdendo) e anche per il chirurgo, perchè quest'ultimo acquista sempre più sicurezza nel lavoro che fa.
Inutile dire che il lato negativo è fare tutti i giorni la stessa cosa.
Per l'utente che citava grey's anatomy, la invito a guardare attentamente l'ultima serie (quella che credo stiano trasmetendo ora), io l'ho trovata la più "realistica" da un punto di vista della psicologia dei chirurghi.
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