Consiglia questo sito su Facebook:

Inchiesta sulle infezioni ospedaliere

Di più
13 Anni 7 Mesi fa #211328 da Cyanide
INCHIESTA ITALIANA
[size=14pt]Sporcizia e batteri killer
l'ospedale è diventato un pericolo[/size]

Viaggio nelle strutture sanitarie italiane. Ogni anno 700 mila infettati e 15 mila morti sospette. Nelle strutture del Sud la media dei contagi è del 17%, il tasso nazionale è dell'8,7%. Quello europeo del 7,7%. Le epidemie costano al servizio sanitario 2 miliardi di euro all'anno

ROMA - Bari, 4 ottobre. Antonella Mansueto aveva solo 22 anni e nell'ospedale di Putignano ci era entrata per un intervento banale, l'asportazione di una cisti. Ne è uscita incubando nel suo organismo un killer invisibile, un batterio contratto in corsia, che, dopo molti mesi di cure sbagliate e 46 giorni esatti di agonia, l'ha uccisa fra mille tormenti. Alcuni dei medici che l'hanno visitata erano addirittura convinti che avesse l'influenza. Adesso la procura di Bari indaga, i genitori chiedono giustizia. Catania, 6 ottobre. La procura apre un'inchiesta per fare luce sulla morte di Carmelo Finocchiaro, 33 anni, camionista originario di Taormina, deceduto dieci giorni prima all'ospedale Cannizzaro in seguito ad uno shock settico. Diciassette medici di due ospedali, quello di Catania e quello di Castrovillari in provincia di Cosenza, sono indagati per omicidio colposo. Anche quello di Carmelo è stato una sorta di calvario: primo ricovero in agosto dopo un incidente stradale, un principio di cancrena, secondo ricovero, amputazione del braccio, coma. La madre: "Affido il mio cuore ai giudici". Bologna, 2 ottobre, Loredana Mainetti, 59 anni, muore all'ospedale Maggiore per una setticemia contratta dopo un'endoscopia per l'asportazione di un polipo duodenale: 12 medici indagati. Tre casi isolati, sia pure a distanza così ravvicinata? Non proprio. Le vittime di un'infezione ospedaliera, secondo i dati dell'Associazione italiana dei microbiologi, l'Amcli, che saranno resi noti al congresso nazionale di Rimini del 20 ottobre - sono in Italia ogni anno circa 15 mila: malati uccisi dai cosiddetti "microbi nosocomiali". E su 9 milioni e mezzo di ricoverati all'anno negli ospedali pubblici e nelle cliniche private della Penisola, ben 700 mila si infettano proprio durante la permanenza nella struttura sanitaria. Quali sono gli ospedali a più alto tasso di endemie batteriche? Perché i pazienti vengono esposti a questi rischi senza che nessuno li avvisi? Chi dovrebbe controllare e non controlla? Quanto costa al Servizio sanitario nazionale la tragedia delle infezioni?

I 26 MORTI DELL'AURELIA HOSPITAL
Non sempre i casi più eclatanti diventano di dominio pubblico. Un'inchiesta ancora segreta della Commissione parlamentare sugli errori sanitari chiama in causa un ospedale privato romano, l'Aurelia Hospital di proprietà del Gruppo Garofalo, che opera in regime di convenzione con la Regione Lazio. In questa struttura in soli nove mesi (dal gennaio al settembre 2009), si sono verificati 80 casi di infezioni ospedaliere provocate dall'acinetobacter baumanii, un batterio che si diffonde in ambienti dove c'è scarsa igiene e pulizia e resiste a moltissimi antibiotici. Di questi 80 pazienti, 26 sono morti. Come è potuto accadere? Certo, al momento non è chiaro in che misura l'infezione abbia influito sulle cause dei decessi. Il presidente della Commissione d'inchiesta, Leoluca Orlando, ha inviato una lettera urgente al presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, chiedendo una relazione. Melania Rizzoli, medico e capogruppo pdl della Commissione, giudica sospetto che "in un periodo così breve si siano verificati 26 decessi in presenza del pericoloso batterio. Bastano pochi casi per chiudere i reparti". Franco Turani, primario della Rianimazione, s'è giustificato così: "Si trattava di pazienti con insufficienza multiorgano di tali gravità per cui la causa del decesso è ampiamente ascrivibile alle suddette criticità". A smentirlo, la vedova di uno di quei morti, Anna G., che, assistita dall'avvocato Katia Verlingieri di Benevento, ha avviato una causa civile. "Mio marito aveva 40 anni - racconta Anna G. - è entrato all'Aurelia per un problema cardiaco. Gli hanno praticato alcuni stent coronarici, poi ha avuto delle complicazioni e lo hanno ricoverato in rianimazione. Quando è morto non mi hanno dato spiegazioni. Solo leggendo la cartella clinica, ho appreso che mio marito aveva contratto in ospedale due batteri, l'acinetobacter e lo stafilococco".
Non tutti quei 26 pazienti, del resto, erano ricoverati in rianimazione. Almeno un terzo di loro era distribuito in altri reparti, dunque non a rischio immediato, e alcuni persino in riabilitazione. L'indagine ha dimostrato uno stretto rapporto fra l'alto numero di infezioni e le precarie condizioni igienico strutturali dell'Aurelia Hospital. Un sopralluogo del Dipartimento di prevenzione (Sisp, Spresal e Area Governo della Rete) diretto dal professor Daniele Gamberale ha dato l'allarme sulle precarie condizioni igieniche generali. "Tutta la struttura dell'Aurelia - si legge - si presenta in carente stato manutentivo e, per gli spazi comuni esterni alle aree di degenza, in cattivo stato di pulizia". Critiche e osservazioni anche su molti altri reparti, pronto soccorso compreso. In seguito ai risultati di questa ispezione, il responsabile della Direzione delle Politiche di prevenzione della Regione Lazio, dottor Salvatore Calabretta, ha inoltrato alla presidenza della Regione Lazio una proposta di diffida "al fine di ottenere l'attuazione di interventi manutentivi ordinari e straordinari volti al ripristino delle idonee condizioni igienico-sanitarie necessarie per tutti i locali dei reparti (particolarmente urgenti per i servizi igienici annessi alle stanze di degenza), negli spogliatoi, nel Dea-pronto soccorso, nel blocco operatorio del secondo piano, nella camera mortuaria, negli spazi esterni".

NIENTE CONTROLLI DA NORD A SUD
Il caso dell'Aurelia Hospital, pur eclatante, non è isolato. Le infezioni colpiscono tutti gli ospedali senza risparmiare neppure i punti di eccellenza con una media nazionale dell'8,7 per cento (contro 7,7 della media europea), e oscillazioni che variano dal 5% al Nord al 17% al Sud. Va detto che nel Mondo i tassi di infezione più elevati si registrano nei Paesi del Medio Oriente (11,8%), e nel Sud Est Asiatico (10%), con un tasso lievemente inferiore negli ospedali della Costa Occidentale del Pacifico. Ed è proprio dall'estero, in particolare da India, Pakistan e Regno Unito che, secondo la rivista Lancet, stanno arrivando gli ultimi superbatteri killer resistenti a ogni tipo di antibiotico. "Ma ceppi simili a questi, come le Klebsielle pneumoniae multiresistenti - ammonisce la professoressa Maria Paola Landini, docente di microbiologia a Bologna - noi li abbiamo già in casa da almeno un anno e nessuno ha mai detto nulla. Il primo di questi superbatteri è stato isolato nel silenzio generale all'Ospedale Careggi di Firenze alla fine del 2008". Ed è allarme al Policlinico Sant'Orsola di Bologna dove, nei primi sei mesi del 2010, s'è registrato un aumento di questi batteri antibioticoresistenti: l'11.4% dei ceppi di Klebsiella pneumoniae isolati si sono rivelati multiresistenti, stessa cosa per il 58% degli Acinetobacter baumanii.
In Piemonte, nel centro di trapianti delle Molinette di Torino, fra il 1997 e il 2002 ci furono due epidemie: una di legionellosi diffusa da impianti idraulici sporchi, l'altra di aspergillosi per contaminazione dalle polveri dei cantieri. La prima provocò sette morti, la seconda nove. Qui, alle Molinette, Giovannella Tramoni, 48 anni, operata due anni fa di tumore al seno, ha dovuto affrontare un calvario non ancora terminato di una decina di operazioni per rimediare ai danni di una devastante infezione alle protesi.
Ma hanno diritto i pazienti di sapere qual è il tasso di infezioni all'interno degli ospedali pubblici e privati in modo da poter scegliere quelli che meglio rispettano i protocolli igienico-sanitari? E sono obbligate le direzioni sanitarie a denunciare alle procure e alle Regioni le percentuali delle endemie batteriche oppure quei dati possono tenerli nascosti?
In Emilia Romagna, a Modena, all'Hesperia Hospital, centro cardiochirurgico privato accreditato, tre pazienti - una donna di 78 anni e due uomini di 51 e 83 - sono morti tra febbraio e marzo per un'infezione di stafilococco diffusasi nel cuore durante l'intervento di sostituzione di una valvola. Due di loro erano stati operati lo stesso giorno, nello stesso blocco operatorio, e hanno contratto lo stesso tipo di batterio. A maggio al Policlinico Umberto I di Roma è tornato l'incubo epidemia (12 anni fa la legionella accecò 4 anziani operati di cataratta, 11 anni fa 15 neonati furono colpiti da enterite, 9 anni fa 4 puerpere contrassero la polmonite). A morire, questa volta, una donna ricoverata in neurochirurgia contagiata dal micidiale acinetobacter. Il 17 maggio di quest'anno un'altra donna operata al Policlinico Umberto I e ricoverata dopo nella rianimazione della Fondazione Santa Lucia di Roma, è deceduta sempre a causa dall'acinetobacter. Man mano che si scende più a Sud la situazione peggiora. E le condizioni igieniche precarie nelle quali si trovano alcuni ospedali come il Cardarelli di Napoli, il Civico di Palermo e l'ospedale di Vibo Valentia sono fra le cause dei picchi dei tassi di infezioni che in Meridione sfiorano il 17%. A Cosenza un poliziotto in pensione, dopo un intervento chirurgico all'intestino, s'è infettato ed è morto fra atroci sofferenze: il figlio, Michelangelo Russo, ha fatto causa ai medici. Un anno fa a Napoli s'è verificata un'epidemia di legionella all'ospedale Monaldi che ha ucciso due persone e ne ha infettate altre dieci. A gennaio due neonati sono morti uccisi da una setticemia negli ospedali Riuniti di Foggia, nel reparto di Terapia intensiva neonatale.
Secondo il Comitato di studio per le infezioni ospedaliere dell'Associazione microbiologi, le infezioni si sviluppano maggiormente nell'apparato urinario (26%), in quello respiratorio (le polmoniti sono il 25%), quindi ci sono le infezioni del sangue (18%) e della ferita chirurgica (16%). Particolarmente a rischio sono tutti quei pazienti ricoverati presso le unità di terapia intensiva (si arriva anche al 30 % di casi), o nelle riabilitazioni, nelle oncologie ed ematologie, nelle geriatrie e in tutti quei reparti che ospitano malati immunodepressi.
Chi dovrebbe effettuare regolarmente i controlli sulle strutture? Le leggi ci sono. Ma non sempre si applicano per prevenire le infezioni ospedaliere. Lo sostiene il procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello. "Nel nostro Paese - spiega il magistrato - abbiamo una legislazione che riguarda la tutela del lavoratori in qualsiasi ambiente, anche negli ospedali. Questo è un principio generale per cui queste leggi si applicano anche a tutela dei pazienti ricoverati. Da un punto di vista giudiziario, la tutela contro la patologia infettiva è una efficace risposta da parte del nostro ordinamento". "Queste sono le leggi - aggiunge Guariniello - però, come sempre capita, non basta che le norme siano scritte sulla carta, bisogna applicarle e farle applicare: ed è proprio qui che incominciano i problemi. Mi sembra più ragionevole impostare un discorso che coinvolga tutte le varie istituzioni: gli organi della pubblica amministrazione, l'autorità giudiziaria. Ma bisogna sviluppare una cultura perché non tutti si rendono conto che un'infezione ospedaliera può essere un reato".

DUE MILIARDI ALL'ANNO
Ma quanto costa al servizio sanitario nazionale il dramma delle infezioni? Le infezioni ospedaliere comportano 3 milioni e 730 mila giorni di degenza aggiuntivi all'anno con un conseguente costo addizionale di circa 1.865 milioni di euro. Certo, il problema non è solo italiano. Ma qui, come abbiamo detto, il numero di infezioni contratte in ospedale è molto più alto. Secondo l'Oms, il tasso di contagio batterico nosocomiale rappresenta un importante e sensibile indicatore della qualità dell'assistenza prestata, in quanto ai tradizionali rischi legati a problemi di igiene ambientale si associano quelli derivanti da comportamenti, pratiche professionali e assetti organizzativi inadeguati. A questo proposito, dal 2000 il ministero della Salute, nel piano sanitario nazionale, pone tra gli obiettivi principali da perseguire la riduzione di almeno il 25 per cento delle forme infettive contratte in nosocomio. Nel piano del 2002-04 le infezioni erano già inserite tra gli errori in medicina e si prevedeva l'istituzione del Cio (Comitato infezioni ospedaliere), in tutti gli ospedali italiani. L'ultimo piano sanitario del 2008-10, quello del governo Berlusconi, ministro Ferruccio Fazio, impone protocolli per l'uso appropriato della terapia antibiotica, responsabile, quando mal prescritta, dell'insorgere dei super batteri antibioticoresistenti. E prevede una campagna igienica per la riduzione delle infezioni: "lavarsi di più le mani".
(La Repubblica 08 ottobre 2010)


Piccolo discorso a parte, che ho già fatto in un altro topic simile, mi sembra che ultimamente, per qualche ragione, l'attenzione dei media si sia abbondantemente spostata sulla sanità italiana, cercando di darne un'immagine fortemente negativa, stressando su determinati aspetti.
E poi «Sporcizia e batteri killer, l'ospedale è diventato un pericolo» perchè, "prima" non esisteva questo fenomeno in ospedale? È la novità del XXI secolo?

La violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci (Isaac Asimov)

Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.

Di più
13 Anni 7 Mesi fa #211350 da lucadoc

Piccolo discorso a parte, che ho già fatto in un altro topic simile, mi sembra che ultimamente, per qualche ragione, l'attenzione dei media si sia abbondantemente spostata sulla sanità italiana, cercando di darne un'immagine fortemente negativa, stressando su determinati aspetti.
E poi «Sporcizia e batteri killer, l'ospedale è diventato un pericolo» perchè, "prima" non esisteva questo fenomeno in ospedale? È la novità del XXI secolo?

Sulla vicenda di Antonella Mansueto penso sia chiaro che i medici, tutti i medici, che l'hanno visitata siano un branco di incompetenti, cosa che vale anche per le altre morti, molte evitabili, e spero vivamente di non diventare mai così.
Per quanto riguarda la stampa non so perché sia così interessata ultimamente, ma so che in questo paese, dopo un primo evento scatenante che catalizza l'attenzione dell'opinione pubblica, i giornali cavalcano l'onda finché regge, tartassandoci quotidianamente con articoli monotematici, quando infine vedono che non interessa più trovano un altro argomento...e così vanno avanti. A loro interessa fare soldi non informazione.

Mortui Vivos Docent

Si prega Accedi o Crea un account a partecipare alla conversazione.

Moderatori: Cyanidegaudio
Tempo creazione pagina: 0.603 secondi
Powered by Forum Kunena
EU e-Privacy Directive
Cookie Policy