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Bene, siamo alla frutta.
Mai darsi per vinti! Mai arrendersi!
comandante Peter Quincy Taggart
Galaxy Quest, 1999
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"In ogni caso, veniamo dal nulla e andiamo nel nulla, e non c'è nulla di cui preoccuparsi" (Peter Wessel Zapffe)
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Io leggo che chi ha fede ha un atteggiamento di speranza nei confronti della malattia e della vita. Un atteggiamento positivo che lo aiuta nella lotta. Chi è fatalista invece si abbandona agli eventi, dal momento che non interpreta la malattia in chiave escatologica ma solo come una fatalità (appunto) si lascia andare alla prossima fatalità passivamente.
Dunque, un atteggiamento psicologico positivo e volto alla speranza aiuta a combattere la malattia.
«Ho fede in Dio, sono ancora vivo grazie a Lui. La Sua vicinanza mi sta rendendo più forte e tranquillo»
Cosa che era abbastanza risaputa, questa ricerca la leggo semplicemente come un'ulteriore conferma.
D'altra parte tutti sappiamo che l'essere umano è unione di psiche e soma e che uno influisce sull'altro. Alcuni meccanismi li abbiamo capiti, altri no.
Non sappiamo perchè l'atteggiamento positivo influisca positivamente sul decorso della malattia, ma tant'è.
E sarebbe anche decisamente poco utile avere la presunzione di spiegare tutte le vicende dell'essere umano con quelle due conoscenze messe in croce che abbiamo.
Sinceramente non è che capisca molto il tono polemico del titolo della discussione. A prescindere da cosa crede il medico dovrebbe essere interessato alla salute del paziente. Se la sua fede lo fa stare meglio, con tutto il supporto della scienza, ben venga. Non che la religione debba essere esente da critiche (guardate l'altro topic sui testimoni di Geova...) ma qui mi pare faccia solo del bene.
Let it Be...
E volevo aggiungere "Primum non Nocere"... se viene rispettato questo principio, qualsiasi cosa giovi al paziente va bene, e un po' di speranza in più non fa certo male...
Tutto copre,
tutto crede,
tutto spera,
tutto sopporta.
L'amore non avrà mai fine". (Paolo di Tarso)
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Due motivi:Sinceramente non è che capisca molto il tono polemico del titolo della discussione.
1- nega il metodo scientifico. E' mera osservazione di eventi, senza l'ombra di un rationale di qualche tipo.
2- si presta a strumentalizzazione in termini di scelte mediche. Uno scenario in cui si faccia passare il messaggio "fede=migliori odds" apre immediatamente la strada a scelte di tipo clinico: ho un fegato solo da trapiantare e due riceventi con pari odds, uno credente e l'altro ateo. Lo trapianto al credente perché "l'evidenza scientifica" gli assegna migliori odds.
In realtà
Questi sono postulati gratuiti e arbitrari. Conosco gente ateissima con atteggiamenti ultrapositivi nei confronti della malattia. Se questo deve essere il rationale, allora uno studio scientificamente corretto e intellettualmente onesto dovrebbe dividere le coorti di pazienti sulla base dello stile di coping, non della religiosità, e solo in seconda battuta, all'interno di ogni stile di coping, dividere le coorti in credenti e atei, e verificare se gli odds sono diversi.Io leggo che chi ha fede ha un atteggiamento di speranza nei confronti della malattia e della vita. Un atteggiamento positivo che lo aiuta nella lotta. Chi è fatalista invece si abbandona agli eventi, dal momento che non interpreta la malattia in chiave escatologica ma solo come una fatalità (appunto) si lascia andare alla prossima fatalità passivamente.
Questo studio è l'ennesima conferma che scegliendo opportunamente i criteri di inclusione ed esclusione e gli endpoints è possibile validare pressoché qualunque ipotesi, per quanto astrusa e antiscientifica sia.
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comandante Peter Quincy Taggart
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Infatti, io sarei solo contento se un mio paziente grazie alla sua fede riuscisse a sopportare meglio il dolore e la malattia, e a vedere le cose in un'ottica diversa. Se la fede non nuoce alla salute ben venga, in alcuni casi è provato che abbia una specie di "effetto placebo". In altri, vedi i TdG, la fede è peggio della malattia stessa. Però qui si sostiene che il credere in Dio sia condizione sufficiente per vivere di più, cioè hanno pubblicato uno studio (con tanto di deviazione standard e funzioni matematiche) che è semplicemente statistico. Non va ad analizzare quali sono i motivi effettivi per cui la fede dovrebbe allungare la vita. Assomiglia molto agli studi per dimostrare l'efficacia della medicina alternativa: tutte statistiche ma nessuna spiegazione."Primum non Nocere"... se viene rispettato questo principio, qualsiasi cosa giovi al paziente va bene, e un po' di speranza in più non fa certo male
C'è poi il problema(terribilmente serio) che uno studio del genere comporterebbe in reparto: come ha detto HP se dovessi scegliere tra due pazienti per un trapianto, l'ateo sarebbe sempre il secondo ad essere scelto, a parità di situazione clinica.
Secondo me uno studio del genere apre le porte ad un discorso sulla teodicea più che sulla fisiologia clinica.
C'è poi da dire che uno studio del genere dal CNR non mi stupisce più di tanto...non so se sia un caso(non credo) ma il vicepresidente del CNR, Roberto de Mattei, è uno dei più convinti creazionisti in circolazione, cattolico tradizionalista, capace di sostenere che tutte le discipline scientifiche siano in errore perché contraddicono la Bibbia. Qui trovate alcune delle sue "perle":
ricerca.repubblica.it/repubblica/archivi...bbia-non-darwin.html
Mortui Vivos Docent
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Certo che no.C'è poi da dire che uno studio del genere dal CNR non mi stupisce più di tanto...
Quello che mi inquieta di più è che abbia passato il meccanismo di peer review e sia stato pubblicato su una rivista impactata.
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comandante Peter Quincy Taggart
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