Bene, siamo alla frutta.

In effetti non mi sono espresso bene.
Quando dicevo che "certi" studi vanno comunque fatti, non mi riferivo al modello di questo studio nello specifico, ma in generale agli studi che associano fattori culturali (nell'accezione più prettamente biologica del termine) al decorso delle malattie.
Chiaramente dando per scontato che non ci sia vizio di forma negli studi e che siano fatti nel miglior modo possibile, indagando quanti più aspetti possibili della complicata questione (e anche allora i risultati andrebbero presi con assoluta prudenza).
Tutto questo in mondo utopistico in cui i fondi per la ricerca traboccano copiosamente... In effetti, ben pensandoci, dovendo gestire una verosimilmente modesta quantità di risorse, io punterei su altro...

Difficile aggiungere qualcosa a quello che ha detto DrHp.
Però leggendo l'articolo un dubbio sull'onestà intellettuale di chi ha pubblicato l'articolo mi viene. Gli autori dividono i pazienti non in due gruppi (credenti e non) ma in tre (non credenti, credenti in ricerca "passiva" di Dio e credenti in ricerca "attiva"). E guarda caso non si registrano differenze fra i non credenti e i credenti "passivi", mentre i credenti "attivi" hanno un tasso di sopravvivenza di tre (!) volte superiore agli altri due gruppi. Su un totale di 164 pazienti non deve essere stato difficile cucire su misura il vestito di "persona in ricerca attiva di Dio" ai pazienti con un miglior decorso. Come dice Andreotti: a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

OT: DrHp, mi sembri molto ferrato in fatto di articoli scientifici. Come funziona la pubblicazione da studente? E' così difficile trovare un professore che ti inserisca in uno studio?

Già, è difficile aggiungere qualcosa, posso solo dire che mi imbarazza che un questionario possa classificarti come "in attiva ricerca di Dio", ecc. ed è ancora più imbarazzante che questo obrobrio venga pubblicato su una rivista...