Media e voto di laurea

Non so se è già stata affrontata la questione, ma... la media nei corsi integrati e quella finale è "pesata"?

Dipende dalle università! per esempio nella mia (la sapienza) non è ponderata!
Tutti gli esami hanno lo stesso valore nella media finale.

@ albe 89 a me agli esami orali espongono sempre un caso clinico per farmi ragionare( vedendo le mie grandi potenzialità, ma dove?molto molto ma molto nascoste :sarcastic: :sarcastic:) o cercendo di farmi cadere in qualche tranello...hai ragione tu un paziente non ci verrà mai a dire che cosa ha, sta a noi capirlo partendo da ciò che può sembrare evidente e poi andare ad indagare....
@valentina M.D.  anche nel mio ateneo la media è aritmetica.... :)buona notte

Secondo me la pratica/frequenza in reparto è utile per preparare gli esami perchè ti permette di capire quali siano le cose più importanti della materia che stai affrontando e di "rivedere" nei paragrafi del libro pazienti veri con conseguente velocizzazione dell'apprendimento. 

Tuttavia togliere tempo allo studio perchè "è meglio prendere 28 e saper scrivere una cartella" oppure "26 e saper fare i prelievi" mi sembra un ragionamento un po' limitato: la settimana dopo la laurea vai nel centro prelievi del tuo ospedale, ne fai 500 in 3 giorni e avrai imparato molto meglio di uno che s'è ammazzato per farne 5 in 6 anni sacrificando la media del 30. E così pure per gli EGA...

L'idea che mi sono formato in questi tre anni sul corso di laurea base in medicina è che essenzialmente sforna una grande quantità di mediocrità, totalmente inadatta al mondo del lavoro in quanto è ben lontana da qualsiasi standard accettabile (e sarò pronto a mettermici anche io in mezzo se quando arriverò alla fine mi renderò conto di non saper fare nulla). Se poi la formazione specialistica sforna grandi quantità di medici eccellenti, questo non so proprio dirlo.
Per come stanno le cose qualsiasi normodotato privo di qualsiasi attitudine rimarchevole, ma dotato di un discreto spirito di adattamento, può affrontare il corso e dare gli esami. Magari in tempi più lunghi (tanto i tempi non li valuta nessuno), magari con esiti non proprio invidiabili, ma alla fine ce la si fa comunque.
La cosa che trovo incredibile è di come sia lasciato totalmente alla coscienza propria dello studente lo studio completo e approfondito e di come questo possa essere valutato molto bene (anche al massimo), ma comunque al pari di uno studio fatto in funzione esclusiva dell'esame.
In un sistema impostato in questo modo, su 100 studenti, può essere che per puro caso (volontà, dedizione, passione, talento) escano 4-5 eccellenti studenti (magari anche coltivati dal sistema universitario come è giusto che sia), 20 bravi studenti e tutto il resto lasciato lì al proprio destino che tanto bastano le slide e gli appunti fotocopiati per "svoltare" l'esame.
La domanda che mi pongo è la seguente:
Cos'è meglio, un sistema che su 100 studenti mi tira fuori 5 eccellenze che poi si coltiva e una valanga di studenti mediocri, o un sistema che su 100 studenti mi tira fuori 60-70 persone con un elevato standard formativo, che posso sparare nel mondo della formazione specialistica con un bagaglio di competenze adeguate?

Ciao. Innanzitutto, secondo me, sono da scindere due piani:

- Studente
- Corso di studi (struttura, organizzazione, ecc.)

Studente --> Non vedo niente di male nel cercare di curare la media, il voto di laurea, il voto negli esami attinenti alla specializzazione che si vuole intraprendere, visto che -volenti o nolenti (o anche molenti, come si dice dalle mie parti)- sono cose che hanno il loro bel peso nell'indirizzare il futuro (in primis, ingresso in specializzazione). Ovviamente bisogna anche badare all'atto pratico: dobbiamo imparare una professione. E questo deve indirizzare le scelte nello studio, nella frequenza in reparto, ma anche, banalmente, nella vita di tutti i giorni (imparare ad ascoltare gli altri; a guardare gli altri; leggere pubblicazioni e articoli che vadano al di là dei programmi di studio della propria facoltà).

Corso di studi --> Io le maggiori responsabilità di questa dicotomia (sicuramente -comunque- meno rilevante di quello che appare in questo topic) tra "Secchioni" e "Praticoni" le attribuisco all'Università italiana. Per dirne una, in sei anni di studio ci sono argomenti che si affrontano diverse volte -praticamente nella stessa maniera- in diversi corsi di studio (le epatiti, ad esempio, studiate, spesso con poche differenze da un corso all'altro, in Microbiologia, Patologia, Anatomia patologica, Semeiotica, Gastroenterologia, Medicina interna, Malattie infettive), sempre con attenzione sulle stesse cose (Eziologia, Fisiopatologia, Esame obiettivo) e raramente approfondite con uno sguardo clinico che vada più in profondità a livello diagnostico-prognostico-terapeutico (soprattutto la terapia, a volte, sembra veramente un optional). Io credo che accorpando-sfrondando i programmi si potrebbe risparmiare almeno un annetto, in cui prevedere attività pratiche Obbligatorie ed Oggetto di valutazione.